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On Settembre 14, 2022
Comunicazione politica: il marketing del look
La politica è una questione di immagine: anche. Non poco: tanto. Spesso le elezioni si vincono per l’immagine data all’elettore. Lo storytelling è la base della comunicazione è la narrazione di una determinata linea politica viene arricchita dal look e dallo style. Non lo sapevi?
In politica conta non solo il linguaggio gestuale ma anche come ci si veste! Infatti come vestono i politici potrebbe suggerire molto rispetto ai loro valori e a quelli dell’elettorato a cui si rivolgono. Tutto potrebbe o è frutto di una vera strategia di marketing politico.
Se andiamo ad osservare l’immagine di Trump, Biden e Salvini ed ancora prima di Obama o di Grillo scopriamo tante, tantissime cose. Leggendo l’interessante spazio della personal stylist e consulente d’immagine Paola Farina, possiamo capire quanto l’aspetto estetico conta. La comunicazione politica passa attraverso molteplici fattori: sedurre gli elettori, confondere i detrattori, far capire qualcosa di sè e l’immagine deve riuscire a comunicare tutto ciò.
Comunicazione politica: quello che conta è lo stile
Spesso si dice che l’abito non fa il monaco ma se parliamo di politica non è proprio così. Alcuni esempi importanti ci portano indietro negli anni ma la foto di Aldo Moro in spiaggia con i figli in completo ancora oggi stupisce per eleganza, raffinatezza e contegno oltre che per il messaggio che regala.
Negli anni ’80 in Italia è già chiaro. Bisogna rivolgersi a professionisti della comunicazione per diventare un politico che conta. Infatti come ci racconta Paola Farina nel suo blog
Negli anni ’80 fece scalpore la decisione del Partito Socialista Italiano di assumere un’agenzia pubblicitaria per catalizzare l’attenzione intorno alla figura del leader, Craxi. In Italia la liaison tra politica, immagine e marketing, continua la stylist, raggiunge il suo apice nel 1994, con la “discesa in campo” del self-made man Silvio Berlusconi.
Oggi lo stile del leader vincente pronto ad imolarsi per la sua gente è rappresentata da Zelensky: in verde militare ma non in divisa. Muscoli in vista: corpo palestrato. Eroe 4.0 capace di essere presente ovunque. Poi Draghi lo stile e l’eleganza sobria di un manager europeo, impeccabile dalla camminata pacata al sorriso.
Resta poi unico, anche se molto imitato, l’inconfondibile semplice eleganza di uomini come Obama e Steve Jobs per arrivare Mark Zuckerber. Loro hanno scelto di vestire sempre allo stesso modo, usare sempre lo stesso colore blu, grigio o nero, la camicia o il lupetto. I motivi? Molti dicono sia questione di tempo. In questa campagna elettorale ci sta provando, riuscendosi non bene Conte che per questa campagna ha scelto un outfit tendenzialmente casual, giovanile sui toni del blu.
La donna forte: l’imperativo
E’ forte, coraggiosa, sfacciata a tratti mascolina, la donna che vuole rappresentare Giorgia Meloni. Elegante ma non troppo, camminata marziale, la solita, pugni sui tavoli, smorfie, insomma una donna particolare che lascia a casa la femminilità e la dolcezza per vestire panni di una icona forte ispirata forse a Uma Truman somiglianza che è iniziata tempo fa con le tantissime Photoshoppate note ai più. L’immagine di Meloni però è tanto distante dalle donne italiane sebbene possa sembra che cerchi con la scelta di colori tenui, celesti, pastello, di rappresentare lo spirito femminile.
La donna forte però può essere rappresentata con un semplice tailleur di colore spesso identico come la notissima Hillary Clinton ha fatto per tantissimo tempo senza copiare nessuno! Osservando gli USA si non si può fare a meno di pensare a Madeleine Albright che più volte ha dichiarato di utilizzare i suoi gioielli sempre molto appariscenti con un chiaro scopo diplomatico.
In ogni caso è bene sempre ricordare che in Italia, purtroppo il look delle donne viene sempre criticato in modo aspro e polemico, si scade spesso nel sessismo, possiamo pensare infatti al body shaming verso Laura Boldrini o verso Maria Laura Boschi.
L’abito fa il politico: è marketing
L’abito fa il politico è un dato di fatto persino nell’immaginario collettivo si osserva il vestito per cercare di capire se si è di destra o di sinistra o si appartiene a questo o quel movimento. Sappiamo bene che già ai primi del Novecento c’erano sociologi della moda come Simmel che sottolineavano come il vestiario fosse, soprattutto nelle civiltà capitalistiche occidentali, uno strumento per segnare la propria appartenenza a un gruppo sociale e per distinguersi all’interno di esso. Da tempo poi l’abito è diventato strumento di marketing, infatti con il power dressing: si indica in generale il modo di vestire ideale o adatto al singolo leader politico, proponendo quello giusto per l’occasione.