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On Novembre 30, 2017
Pubblicità online e trasparenza: sponsorizzato. Che paura
Pubblicità e trasparenza: un problema che renderà dicembre un mese pesante per chi si occupa di markerting e digital.
Innanzitutto dati. Durante la quindicesima edizione di Iab Forum, è emerso che in Italia la sponsorizzazioni digitale è in crescita ed infatti nel 2017 ha visto un rialzo del 12 per cento rispetto all’anno precedente a toccare quota 2,65 miliardi di euro. Un business interessante che inizia a far gola a tutti.
La pubblicità diventa digitale
La pubblicità si sposta in rete e va regolarizzata anche quando si tratta di digital advertising, non che prima non lo si facesse ma ad oggi sembra tutto molto più normato.
Tutto inizia in America dove la Federal Trade Commission e l’Antitrust si sono già pronunciate stabilendo una norma base: bisognerà segnalare i post commerciali con una tag nel post che rimandi direttamente all’azienda e bisognerà socializzare il contenuto in modo chiaro e non equivocabile utilizzando #ad, #adv o #sponsored devono essere facilmente leggibili dall’utente.
In Italia a vigilare la sponsorizzazione in rete è indubbiamente lo Iap (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria).
E’ lo Iap che chiede ai titolari di blog e ad influencer di essere trasparenti con i propri lettori chiarendo che i contenuti terzi, sponsorizzati, devono essere segnalati in qualche modo. A tal riguardo importante è leggere la Digital Chart.
E’ da questo documento che bisogna partire per fare una sponsorizzazione consapevole: le norme sono indicate sia per influencer che per blogger.
Trasparenza uber alles! Giusto indubbiamente per il lettore finale, un pò meno per il committente che ha certo paura di essere visto come “Pubblicità” e non letto.
Sponsorizzato uguale meno lettori?
Fermi tutti: i dati dimostrano l’esatto contrario! Infatti secondo uno studio di Blogmeter gli hashtag #ad, #adv e #sponsored degli ultimi otto mesi (da marzo a ottobre 2017) pubblicati da oltre 6.600 influencer (di cui 3.000 italiani) non denotano nulla di preoccupante. Nessun calo di engagment, anzi! I post vengono letti e condivisi dunque le committenze non dovrebbero avere terrore del termine “sponsorizzato”.
Del tema se ne stanno occupando in tanti anche l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM) è intervenuto in materia sopratutto per quanto riguarda la pubblicità via social e via web. Trasparenza è la parola d’ordine. E se non bastasse persino l’Associazione dei Consumatori si esprime in merito indicando e consigliando l’obbligo dell’uso dell’#AD per i post socializzati. La pubblicità social infatti ha spesso come obiettivo i giovani e dunque in quanto giovani o giovanissimi vanno comunque tutelati anche sotto il profilo pubblicitario.
Diventa impossibile continuare a fare “pubblicità occulta” e dunque persino i post online sono regolati. Adeguarsi diventa necessario.
A capirlo dobbiamo essere per prima noi, digital pr ed marketing manager. Le nostre “marchette” dovranno essere segnalate.
Il vero problema sorge nello spiegarlo alla committenza che, per fini SEO, non apprezza la segnalazione dello “sponsorized post” è cosa nota. Urge trovare una formula di compromesso che soddisfi le norme in vigore e che sia perfetta per chi si occupa di SEO. Come fare? Un rebus!
Come arginare il terrore del “post sponsorizzato” restando in regola con le norme sulla pubblicità?
Se pubblicare su una testata registrata da sempre significa avere in un post segnalato “contenuto terzo”, “redazionale” o “commerciale” adesso le stesse regole vengono imposte anche per i blog ed allora qualche soluzione bisogna studiarsela.
Se sei un collega, se ti occupi di marketing raccontami la tua esperienza! 🙂